«Scrivi la parola “plastica” su Google, posiziona il cursore su “notizie” e poi da’ un’occhiata ai risultati». Provo. Digito “plastica”, clicco su “notizie”. «Bene, cosa ne pensi?», incalza. Direi che la plastica dovrebbe cambiare ufficio stampa. «È proprio questo il punto – alza un po’ il tono di voce –, solo notizie con taglio negativo: “Lotta alla plastica”, “Liberiamoci dalla plastica”, “Mettiamo fine alla plastica”…». Ed è sbagliato? «Sì, clamorosamente. La plastica non è il male universale, anzi. Demonizzarla però di questi tempi è facile e perfino rassicurante». In che senso? «Quando di mezzo ci sono temi importanti e complessi come l’ambiente, servono semplificazioni. Servono responsabili. La plastica è diventata il colpevole ideale e i media sembra facciano a gara per partecipare a questa lunga esecuzione sommaria».

Riccardo Parrini è un imprenditore che con la plastica ha molto a che fare, soprattutto da quando ha deciso di dar vita a un sito di eCommerce, PlasticFinder, che mette in contatto chi ha eccedenze di materie plastiche con chi ne è alla ricerca. L’arringa però non è legata a questioni di business, la sua passione per la plastica ha radici più profonde e trasformarla in un’attività lavorativa è stata piuttosto la logica conseguenza.

«La plastica è un elemento meraviglioso, che ha cambiato la storia dell’umanità – prosegue Parrini –. Oggi è impossibile ipotizzare di poterne farne a meno. La usiamo tutti, tutti i giorni, più volte al giorno. Pensiamo al campo dei trasporti (quante vite salvano ogni giorno i caschi delle moto?), della tecnologia (di cosa sono fatti telefonini, computer, elettrodomestici?) e soprattutto quello delicatissimo della salute (sacche per il sangue, cateteri, siringhe…): cosa succederebbe se di colpo non esistesse più la plastica? Qual è oggi l’alternativa?».

“Qualche” problema questo materiale sembra però crearlo… «Non esiste “un problema” – replica secco Parrini –. Esistono comportamenti che spesso devono essere modificati per fare in modo che una delle virtù della plastica, la sua “immortalità”, non si trasformi in un potenziale pericolo. Sto parlando di scelte, dunque. E le scelte vengono compiute dagli esseri umani, non dai polimeri. Pensiamo al packaging nel settore alimentare: pochi secondi di consumo di un cibo o una bevanda e poi ci si libera dell’imballaggio. Non sempre facendo attenzione al suo destino. Ecco, quell’involucro dovrebbe finire sempre nel posto giusto, per poter essere riutilizzato ancora. E ancora. E ancora. L’economia circolare ha questo obiettivo: trasformare e dare nuova vita alla percentuale più alta possibile dei resti dei nostri consumi. Non ho mai sentito nessuno dire che il suo scopo sia l’eliminazione tout court della plastica».

Ma se anche si raggiungesse la soglia del 100% di consumo consapevole, sarebbe sufficiente? «Forse no, ma consideriamo le cose da un altro punto di vista. Attaccare la plastica è un esercizio di immobilismo. Ci sono rischi ambientali derivanti da un uso sconsiderato di questo materiale? Bene, affrontiamoli in modo proattivo. La ricerca sta facendo passi in avanti notevoli. Quasi ogni giorno vengono pubblicate, non sempre con larga diffusione, notizie di studi che aprono scenari nuovi sulla plastica e le sue possibilità di riciclo. Ecco la direzione da seguire: comportamenti lungimiranti e sostegno alla ricerca».

Anche perché con la plastica, par di capire, ci si dovrà convivere a lungo. «Eliminare dalla faccia della Terra la plastica, oltre che di difficile attuazione, sarebbe come darsi la zappa sui piedi – conclude l’imprenditore –. La plastica è un’amica che dobbiamo trattare, come tutte le cose preziose, con cura e attenzione. Lei farà lo stesso con noi. E magari chiediamoci, di tanto in tanto, come sarebbe la nostra vita se non fosse mai stata inventata».